Rinvio IVA, era l’unica decisione possibile.

index

Sul numero di ieri, 27 giugno 2013, di Europa, il sottosegretario Baretta ha espresso la propria posizione riguardo ai nodi delle recenti vicende legate al bilancio dello Stato.
L’articolo completo è disponibile per la lettura sul sito di EuropaQuotidiano, oppure di seguito in questa pagina.

PIER PAOLO BARETTA 27 GIUGNO 2013 STAMPA

Rinvio Iva, era l’unica decisione possibile

Non c’è spazio per aumentare le tasse, bisogna agire sul taglio delle spese

Dopo settimane di attesa, polemiche, pressioni, proposte, smentite e contro smentite, furori e delusioni, finalmente il consiglio dei ministri ha varato la sola soluzione possibile, ad oggi, sull’Iva: il rinvio di tre mesi dello scatto di 1 punto, dal 21 al 22%. Non è la migliore soluzione, ma quella praticabile. Come si ricorderà l’aumento di un punto di Iva era stato deciso dal governo Monti in sostituzione del taglio lineare alle agevolazioni fiscali previsto da Tremonti nel 2011, come clausola di salvaguardia, richiesta dalla Ue, dei 20 miliardi non “coperti”. Sicché i prodotti segnati al 10 dovevano passare all’11% sin dal 1 gennaio di quest’anno, ma ciò non è accaduto. Nella legge di stabilità, infatti, come si ricorderà, si decise di evitare l’aumento, data la prevalente caratteristica popolare dei consumi collegati ai prodotti al 10%.

L’altro aumento era questo di luglio, dal 21 al 22. La gravità della crisi ha caricato questa scadenza di molti significati, anche emblematici. Ci dibattiamo in un calo di consumi pesantissimo che deprime il mercato interno e l’aumento dell’Iva peggiora questa situazione. Da qui lo sforzo concorde per evitare l’aumento. Ma, e qui sta la complicazione, questa scadenza si sovrappone con altre altrettanto importanti. L’Imu, innanzi tutto. La intesa “larga” che sostiene il governo si regge, per esplicita dichiarazione di uno dei contraenti, il Pdl, su questo paletto. Salvo poi, soprattutto per il quotidiano esercizio mediatico del loro capogruppo, aggiungere paletti a paletti fino a quasi circondare il governo e rinchiuderlo in una staccionata blindata senza vie di uscita.

L’Imu, dunque, va affrontata con una vera riforma annunciata dal presidente del consiglio e anticipata dalla sospensione della rata di giugno. Ma la riforma non può prescindere dal risolvere il pasticcio della Tares, verso una tassa di servizio da affidare alla completa gestione degli enti locali. Nel contempo la questione sociale evidenzia tra le emergenze la cassa integrazione in deroga. Il miliardo stanziato un mese fa probabilmente non basterà e bisogna, dunque, prevedere un rifinanziamento. Ma la stessa questione sociale impone una coraggiosa linea di intervento sul l’occupazione, soprattutto, giovanile, come ripete sempre più spesso Letta. Ciò significa che serviranno risorse non marginali a sostegno di questa che è la primaria urgenza. Infine, come dimenticare che il governo ha già stanziato 0,5 punti di Pil per i pagamenti della pubblica amministrazione. Portandosi pericolosamente a ridosso del tetto del 3%, vincolo europeo che ci conviene rispettare in generale, ma soprattutto in questi giorni nei quali matura la decisione della Ue di chiudere la procedura di infrazione a nostro carico aperta dal 2009! Si aggiunge a ciò l’intervento di proroga e l’incremento degli incentivi a favore delle ristrutturazioni delle abitazioni, allargato ai mobili e al miglioramento energetico.

Se questa è l’agenda non c’è bisogno qui di rielencare qui le cifre di ogni voce, che ben conosciamo, per rendersi conto che a sventolare tutte le bandiere al vento contemporaneamente c’è il rischio che più di qualcuna si strappi. Da qui la esigenza di un percorso che ci porti a concentrare le decisioni nel luogo più indicato che è la legge di stabilità. Ecco perché la decisione di ieri, quella cioè di spostare in avanti lo scatto dell’Iva, ma non pregiudicare le risorse per una decisione compiuta è la più ragionevole.

Anche perché le coperture sinora adottate non sono ripetibili e poiché non c’è spazio per aumentare le tasse, bisogna agire con coraggio nel tagliare le spese. La spending review, ma non con tagli lineari; le agevolazioni fiscali, concordandole con le parti sociali; gli incentivi alle imprese, senza penalizzare aspetti specifici come, ad esempio, il trasporto pubblico locale, sono i tre rubinetti dai quali attingere. Ma non certo in una settimana. Ci vuole il tempo di analizzare il merito e fare risparmi, non danni. Un orizzonte di sei mesi è il minimo che si può pretendere da un governo appena insediato e con i gravi compiti che deve affrontare. Ma, allora, bisogna anche lasciare che questo tempo sia governato con una visione complessiva, senza gridare al lupo ogni comunicato stampa.

 

 

2013-06-28T08:46:37+02:00 28 Giugno 2013|In evidenza, News, Opinioni, Rassegna stampa|

Scrivi un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.