Onori e oneri. La mia replica nel merito alle accuse di Zaia

Mi chiedo perché il Presidente Zaia, anziché rispondere ai miei argomenti sul piano politico e, semmai, cogliere l’occasione per chiarire le vicende di allora, abbia direttamente puntato sulla mia persona e sia trasceso in considerazioni gratuite e inaccettabili, tirando in ballo la mia etica e la mia storia con termini sproporzionati, etichettando come “penosa” la mia affermazione che ci sia stato due anni fa, da parte sua, un uso politico ed elettorale della vicenda.

Lo stesso Presidente Zaia mi tira poi in ballo, impropriamente ed inopportunamente, con toni davvero offensivi, a proposito dei risparmiatori danneggiati e le loro famiglie – verso i quali tutti (dico tutti!) abbiamo delle responsabilità – che, peraltro, come scritto nello stesso numero del giornale, stanno ancora aspettando i rimborsi.

 

Com’è andata la vicenda, le strumentalizzazioni, di ieri e di oggi

Vorrei ricordare che non ho innescato io la polemica, ma è stato uno dei principali esponenti della Lega del Veneto, l’europarlamentare ed ex segretario regionale Da Re che, sulla Tribuna del 27 luglio, ha affermato testualmente: “La conclusione dell’indagine porta a pensare che il crollo di Veneto banca non è stato responsabilità dei manager (sic!) e che l’ex popolare poteva essere salvata esattamente come è stato fatto per il Monte dei Paschi di Siena. La verità è che la banca del territorio dava fastidio (?) al Governo Renzi e alla Banca d’Italia, che prima l’hanno costretta negli anni ad acquistare altri istituti decotti e poi ne hanno provocato il tracollo”.

Non era obbligatorio che, per commentare la piega che stanno prendendo gli avvenimenti giudiziari, Da Re la “buttasse in politica” e sferrasse un reiterato attacco al Governo Renzi, accusandolo di aver fatto fallire le Venete. Ma lo ha fatto! Interrogato, in proposito, dal giornale ho, quindi, replicato, ricordando i fatti di allora.

 

Onori e oneri. Le parole di Zaia pesano e pesarono sull’opinione pubblica

Come ho sempre sostenuto pubblicamente, mi sono trovato in accordo col Presidente Zaia sulla prospettata fusione tra le due venete (non eravamo in molti a pensarla così!), ma in netto disaccordo con lui sulla sua posizione contraria alla possibilità che si investisse sul salvataggio e rilancio di Veneto Banca e Popolare di Vicenza.

Il punto non sono gli imprenditori veneti, che hanno fatto le loro valutazioni, a mio avviso sbagliate, ma comprensibili nel quadro di incertezza di allora. Il punto, che ho sollevato, riguarda le conseguenze politiche della scelta del principale esponente politico della Regione, con l’autorevolezza che gli è riconosciuta, di “invitare” a non investire sulle banche del nostro territorio. Da tempo, la società veneta ha riposto nella persona del governatore Zaia una fiducia maggioritaria (la votazione al Referendum sull’Autonomia lo ha ben confermato). E proprio perché gli viene riconosciuta tale autorevolezza (l’ho ricordato anche di recente, proprio sul tema dell’Autonomia, auspicando che partisse proprio da lui la ricerca di una mediazione che consentirebbe di portare comunque a casa un importante risultato), il peso delle sue affermazioni è rilevante nell’orientare la pubblica opinione. Onori e oneri.

 

Si può discutere delle scelte della Lega o è lesa maestà?

Perché allora la Lega non favorì la soluzione alla Mps? Possiamo discuterne? O si può discutere solo dei comportamenti del centrosinistra, mentre quelli della Lega sono esenti da bollo? Forse non la credevano possibile? Tenderei a dire di no, viste anche le affermazioni stesse di Da Re, che la evoca. Ma era noto a tutti che la Bce e la Commissione avevano chiesto, in entrambi i casi, un apporto dei privati per consentire l’intervento “precauzionale” che prevedeva l’ingresso dello Stato. Con Mps è avvenuto e la banca è diventata pubblica e per questa via salvata. Con le due venete questo apporto è mancato. È vero che mancò, alla fine, anche un ulteriore intervento di Atlante, reduce da una serie di aumenti di capitale che avevano stressato le banche aderenti al consorzio. Ma, altrettanto vero che se arrivavano circa 700 milioni dal capitale privato si sarebbe proceduto come per Mps, senza il ricorso a Intesa. O, forse, non si voleva che diventassero pubbliche?

O, forse, si dubitava che il Governo avrebbe trovato una soluzione e, quindi, le banche sarebbero fallite. La sfiducia verso il governo era esplicita; ma fu un errore, perché era chiaro che su due punti la posizione del governo era intransigente, anche verso l’Europa: che non avremo accettato il fallimento; che non avremo adottato il bail in. Tra la ricerca di una soluzione condivisa col governo centrale e la polemica politica cosa si è scelto? Qui poggia la mia affermazione che ci fu calcolo politico.

Comunque, il tentativo di recuperare capitali privati per replicare l’operazione MpS non riuscì e, di conseguenza, per evitare la chiusura degli sportelli (con conseguenze inimmaginabili) e i licenziamenti, accedemmo alla sola proposta che evitava lo “spezzatino”, quella di Intesa.

 

Fare chiarezza sul diritto di recesso

Nella sua replica piena di livore, Zaia solleva anche una delicata questione tecnica sul diritto di recesso, che merita di essere affrontata (spero fuori dalle verbosità) e sulla quale ci fu un’accesa discussione parlamentare. La scelta, opinabile, di limitare il diritto di recesso ai soli casi di azioni ereditate è stata sostenuta da più parti, istituzionali e scientifiche, per evitare che una “fuga” dei soci portasse a uno svuotamento del patrimonio, con conseguente peggior danno per i soci che restavano anche dopo la trasformazione. Ma, addirittura, si può pensare che a fronte del possibile recesso, che, viste anche le posizioni in campo sarebbe stato massiccio, nessuno avrebbe acquisito una banca vuota e, dunque, il rischio di fallimento sarebbe aumentato. Lo stesso richiamo, che anche Zaia fa, al modesto valore del rimborso che ci sarebbe stato in caso di recesso, conferma perché tra rimborsare poco con il conseguente impoverimento drastico del patrimonio della banca e scegliere un blocco temporaneo al recesso si scelse il secondo. Si può, ovviamente, dissentire, ma è necessario offrire delle alternative.

 

Il rispetto e la separazione dei poteri tra magistrati e politica

Infine, non ho niente da dire sui magistrati e ai magistrati, di cui rispetto l’autonomia, perché non sollevo alcuna accusa, ma esprimo liberamente un’opinione politica.

2019-07-30T12:40:28+02:00 30 Luglio 2019|Comunicati stampa, Notizie dal Veneto|

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