Questa mattina si sono tenuti i funerali di Paolo Forner, storico sindacalista della Cisl veneziana. Era presente anche il sottosegretario Pier Paolo Baretta, legato a Forner da un grande rapporto di amicizia.
Di seguito, il ricordo pronunciato durante la cerimonia funebre.
“Paolo Forner è stato un amico per molti di noi, vero e sincero; un collega leale e preparato; un compagno di idee e battaglie sindacali e civili. Una persona limpida, onesta, generosa, disponibile, riservata ed acuta.
Si sa che Paolo parlava poco. Quanti aneddoti ci tornano alla mente… Ma quando parlava era in modo netto, diretto, tagliente, senza sfumature. Talvolta ci sembrava eccessivo, a noi esperti nei “ghirigori”, tipici del “politichese” e del “sindacalese”. Ma, in fin dei conti, non ci è stato raccomandato: “sia il vostro parlare sì, sì; no, no!”… ?
Quando non condivideva qualcosa il suo: “non ci siamo!” era definitivo e lapidario. Ecco, lo rivedo, lui che entrava, impettito, in ufficio, o al bar, o a casa la domenica mattina, e ti guardava dritto in faccia e capivi che stava per dirlo… “Non ci siamo”. Quante volte mi è capitato, soprattutto nel periodo nel quale abbiamo lavorato insieme alla Fim nazionale (e guardo Teresa…), quante volte mi è capitato di provare a fermare la sentenza e dirgli: “aspetta, Paolo, parliamone…”.
Ma lui era determinato e sembrava addirittura cocciuto nelle sue ragioni. “Il tedesco” lo chiamavamo, con ironia ed affetto, per questo suo modo di essere. Ma, una volta, che, dopo una discussione animata gli dissi che esagerava, lui mi rispose: “visto che a te tocca mediare, qualcuno che ti metta in guardia ti serve”. E serviva! Eccome se è servito!
Ecco, allora, che quel suo “non ci siamo!” risuona oggi, nel giorno del commiato, ancora più forte nel mio cuore, nel nostro cuore, che è colmo di affetto e di dolore. E risuonerà, ancora, indelebile, nel nostro ricordo, come consiglio e monito.
Paolo ha attraversato una vita nel sindacato senza mai… tramare per sè, per ottenere potere. Non era estraneo alle dinamiche della politica, dei ruoli e dei congressi; tutt’altro, ne era parte attiva, come tutti noi; ma non ha mai piegato una idea ad una convenienza personale.
La militanza come servizio era insita nel suo carattere. Non so neanche dire se era un merito; mi è sempre sembrata un dono, una sua preziosa attitudine. Che, però, per noi, è stata, sempre, una lezione di stile.
Con me Paolo è stato affettuoso, protettivo e stimolante. E io gli ho voluto bene. Quanti di noi gli hanno voluto bene; chi è in grado di dire che non provava affetto per Paolo.
Ci siamo incontrati poco prima di Natale, per una questione privata, discussa la quale abbiamo, ovviamente, parlato delle fatiche del Sindacato, del “suo”, del “nostro” sindacato, che non trova la spinta per un rinnovato rilancio; delle debolezze e contraddizioni della politica e del nostro partito, che sono poi le stesse di questa complessa società contemporanea, che tanto, in questi ultimi tempi, lo preoccupava. Ebbene, anche in questo – imprevedibilmente ultimo – incontro la sua parola critica, ma, soprattutto, di amicizia e di stimolo ad avere fiducia sul futuro non è mancata.
Ma alla fine, la parola più profonda è stata, come sempre, per la “sua” famiglia, per Teresa e le ragazze. E gli occhi gli si illuminavano ed inumidivano.
Ragazze mie, voi avete avuto la gioia di un padre; un “padre” senza aggettivi. E voi sapete, ma lo sappiamo anche noi, l’orgoglio che provava e lo smisurato amore che aveva per voi. E, per te, Teresa; per te che, meglio di tutti noi, hai misurato quanto era grande la sua generosità e bontà d’animo.
Come è bello, pur nella costernazione e nel dolore che oggi ci accomuna, poter dire tutto ciò sapendo che è vero; che non stiamo cedendo alla retorica delle commemorazioni, che scopre le qualità dei vivi solo da morti.
No, stavolta, credetemi, è tutto vero. Questa figura improbabile e sana, di uomo, di marito, di padre, di cittadino, era Paolo Forner.
Amici, con molti di voi che siete qui oggi, con Forner, siamo stati una squadra, una compagnia, un “insieme” (come dicono i matematici per rappresentare delle relazioni, dei legami naturali, praticamente indissolubili).
Lo siamo stati anche quando ci siamo persi di vista per le vicende della vita e, penso, che continuiamo ad esserlo anche “oltre” le vicende della vita! Secondo quel principio a cui ci piace credere che “vita mutatur, non tollitur”; che, nella morte, la vita non viene tolta, ma trasformata!
Paolo Forner, quindi, pensiamolo così: in qualsiasi luogo in questo momento si trovi, sta sicuramente già lavorando, instancabile come sempre (magari assieme a Giovanni Finco e agli altri che lo hanno preceduto), sta “dando una mano” per sistemare la tappezzeria e le sedie, per rendere accogliente la nuova sede che tutti noi occuperemo.
Arrivederci, amico mio”
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