Federalismo fiscale, audizione di Baretta

Vi proponiamo il testo dell’audizione del sottosegretario all’Economia, on.Pier Paolo Baretta, presso la Commissione bilaterale per l’attuazione del Federalismo fiscale.
L’argomento è “Lo stato di attuazione delle disposizioni sul pareggio di bilancio di regioni ed enti locali“. (scarica il testo)

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Audizione sullo stato di attuazione delle disposizioni sul pareggio di bilancio di regioni ed enti locali.

Signor Presidente, Onorevoli Deputati e Senatori, ringrazio tutti per l’invito a questa audizione riferita allo stato di attuazione della legge 24 dicembre 2012, n. 243, “disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma della Costituzione” nei termini previsti dall’art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.

Tale legge è declinata per gli enti territoriali agli articoli 9, 10, 11 e 12, come sapete, è legge “rinforzata” in quanto presenta delle varianti rispetto al procedimento di approvazione ed è sottratta all’effetto abrogativo della legge ordinaria.

L’articolo 9, comma 1, della legge n.243 del 2012, dispone che gli enti locali debbano conseguire, a decorrere dal 1° gennaio 2016, sia in fase di previsione che in fase di rendiconto, l’equilibrio tanto in termini di saldo complessivo di bilancio (entrate finali e spese finali) quanto il saldo di parte corrente (includendo tra le spese correnti anche le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti), entrambi sia in termini di competenza che di cassa.

S’impone, dunque, per l’ente locale garantire l’equilibrio non più solamente ex ante e in termini di competenza, secondo le prescrizione dell’articolo 162 del Testo Unico degli enti locali, ma anche ex post ed in termini di cassa.

Il successivo articolo 10 permette il ricorso all’indebitamento sulla base di intese concluse in ambito regionale, che però garantiscano l’equilibrio di cassa del complesso degli enti territoriali sottostanti e della regione stessa. Tali intese, sono necessarie per attivare nuovi investimenti, effettuati non solo con il ricorso all’indebitamento ma anche attraverso i risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

La norma impone che il pareggio dei quattro saldi obiettivi (saldo in termini di competenza e di cassa tra le entrate finali e le spese finali e saldo in di competenza e cassa tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le rate di ammortamento prestiti) sia perseguito tenendo conto dell’impatto delle eventuali fasi avverse del ciclo economico sul bilancio degli enti territoriali, cui si fa fronte con le previsioni dell’articolo 11, che istituisce un fondo presso il Ministero dell’economia e delle finanze finalizzato a finanziare, in caso di condizioni sfavorevoli del ciclo economico (o in caso di eventi eccezionali) i servizi essenziali inerenti i diritti civili e sociali,  ed è alimentato da una quota parte delle risorse degli enti, influenzata dal ciclo economico.

La dotazione del fondo è stabilita nei documenti di programmazione finanziaria e di bilancio e la ripartizione fra gli enti è effettuata con decreto del presidente del consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, tenuto conto delle entrate proprie di ciascun ente, influenzate dall’andamento del ciclo economico.

Parallelamente a quando stabilito in caso di fasi avverse del ciclo economico, nella congiuntura economica favorevole, agli enti è richiesto un contributo da destinare al Fondo ammortamento titoli di stato, definito e ripartito tra gli enti, considerando la quota di entrate proprie, influenzata dall’andamento del ciclo economico.

Nel corso della discussione relativa all’imminente applicazione della norma, sono emerse delle criticità in ordine alla complessità per gli enti locali di realizzare questo obiettivo.

Considerate le criticità emerse, evidenziate anche dagli stessi enti territoriali, l’entrata in vigore della legge n.243 del 2012 dal 1° gennaio 2016 rappresenterebbe una complicazione   rispetto all’attuale situazione, caratterizzata dal rispetto dei parametri imposti dal patto di stabilità interno, che nel corso degli ultimi anni ha subito diversi aggiustamenti favorevoli agli enti locali.

In particolare, la preoccupazione degli enti territoriali è fondata sul fatto di dover conseguire contemporaneamente un numero di saldi (otto, ma per le Regioni parliamo di sedici, se consideriamo anche la sanità) così evidentemente maggiorato rispetto alla situazione esistente che vede sostanzialmente la presenza del solo saldo-obiettivo del Patto di stabilità e crescita (oltre, ovviamente all’equilibrio di parte corrente in sede di preventivo, come disposto dal TUEL. A ciò aggiungo che già nell’esercizio 2015 il comparto regioni ha sperimentato una versione attenuata dell’articolo 9, mettendone in risalto le criticità esposte.

Negli ultimi mesi, quindi, ci si è confrontati, su una possibile ipotesi di cambiamento dell’attuale assetto, tenendo conto che una modifica alla legge n. 243 del 2012 richiederebbe una maggioranza qualificata e, pertanto, la sua effettiva realizzabilità nelle condizioni attuali investe valutazioni più specificamente politiche.

Una ipotesi di revisione riguarderebbe gli articoli 9, 10, 11 e 12 della legge, al fine di migliorarne la coerenza con i vincoli di finanza pubblica.

Poiché tale prospettiva di modifica implica un approfondito lavoro preparatorio di difficile realizzabilità  entro il 2015, il governo ha già chiesto all’Unione Europea il posticipo del pareggio di bilancio dello Stato e potrebbe essere considerata anche la possibilità di posticipare anche le regole di attuazione della legge 196 del 2009, relative al pareggio degli enti, in considerazione del fatto che i vincoli nominali di finanza pubblica imposti dall’Unione Europea sono sostanzialmente due: lo stock di debito pubblico e il flusso d’indebitamento netto della pubblica Amministrazione.

L’eventuale posticipo dei tempi previsti per il pareggio al 2017 comporterà, comunque, definire le regole di finanza pubblica con cui si governerà l’anno 2016, considerato che il patto di stabilità interno, di fatto, sembra aver esaurito la sua funzione. Si potrebbe pensare ad un percorso parallelo che, accanto alla definizione di nuove regole di finanza pubblica, configuri, specialmente per il comparto comunale, un percorso coerente di superamento della spesa storica e di entrata a pieno regime – con le opportune gradualità – di un sistema di allocazione del Fondo di solidarietà comunale, interamente sulla base di fabbisogni standard e la capacità fiscale, così come prescritto dalla legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.

Con riferimento alle eventuali modifiche degli articoli da 9 a 12, va considerato che l’articolo 9 comporta per gli enti locali il raggiungimento di quattro saldi non negativi, sia in fase di previsione che di rendiconto. In tale ottica la proposta potrebbe essere quella di far conseguire agli enti un solo saldo obiettivo, espresso in termini di competenza, tra entrate finali (Titoli 1,2,3 e 4) e spese finali (Titoli 1 e 2), sia in fase di preventivo che di rendiconto. L’obiettivo numerico sarebbe fissato con legge dello Stato con valenza triennale, tenendo conto dei parametri di virtuosità, nel rispetto dei vincoli contabili europei, lasciando comunque aperta la possibilità, contenuta nell’articolo 10, di “movimentare” gli equilibri degli enti territoriali, purché venga garantito l’equilibrio della gestione di cassa finale del complesso degli enti. Tutto ciò naturalmente, rispetto all’unico vincolo sopravvissuto.

L’eliminazione della “non negatività” del saldo obiettivo dei vincoli dunque, lascia la determinazione dell’obiettivo interamente alla conduzione della politica economica su un orizzonte triennale. In tal modo viene consentito il cambio di segno dell’obiettivo numerico assegnato: nelle fasi negative del ciclo economico vi è la possibilità teorica di fissare un obiettivo negativo, con previsione di rientro nel triennio, mentre nelle fasi positive la politica economica può chiedere all’amministrazione locale una compartecipazione allo sforzo controciclico e fissare un obiettivo numerico positivo.

Tale impostazione appare più coerente con la lettera e lo spirito del nuovo articolo 81 della Costituzione che così recita:” Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”

A tal proposito, evidenzio che forti sono anche le richieste da parte degli enti territoriali, di agevolare contabilmente gli investimenti, proponendo per il pareggio un unico saldo finale di competenza. Parimenti forti sono le spinte a liberare l’avanzo e consentirne l’utilizzo per gli investimenti. In realtà non esistono contrarietà di tipo politico o tecnico ma solo di copertura.

Il ragionamento può essere completato valutando, poi, la opportunità di abolire gli articoli 11 e 12, nella misura in cui il Fondo straordinario –  da istituirsi presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze per ammortizzare l’impatto che eventuali fasi avverse del ciclo economico o eventi straordinari possano avere sui servizi essenziali inerenti i diritti civili e sociali – presenta un meccanismo troppo complesso, farraginoso e potrebbe creare articolate ed infinite complicazioni nella fase della sua assegnazione e distribuzione.

Implicherebbe, inoltre, uno stanziamento nel Bilancio dello Stato (peraltro al momento non previsto) fino al 2017. In caso di abolizione, dunque, entrerebbero in gioco le previsioni del nuovo articolo 9, lasciando alla politica economica la fissazione di target triennali, possibilmente anche in base alle fasi cicliche dell’economia.

A tal proposito, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha espresso anche la condivisione tecnica di privilegiare il saldo di competenza (si ricorda che dal 2015, a seguito dell’applicazione dei principi contabili recati dal decreto legislativo n.ll8, è molto vicino alla dinamica della cassa e dell’indebitamento netto). Peraltro, il divieto di utilizzo di partite straordinarie per finanziare la spesa corrente, al fine di evitare difficoltà strutturali nei bilanci degli enti, è già contenuto nella riforma della contabilità degli enti territoriali di cui al decreto legislativo n. 118/2011.

In merito alla sostituzione dell’obiettivo del pareggio con un obiettivo, stabilito dalla legge dello Stato con valenza triennale, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha evidenziato che (come già accaduto per le regole imposte dal patto di stabilità interno) alcuni enti non potranno “spendere” gli avanzi di cassa mentre altri avranno un obiettivo di competenza che consente spese maggiori della cassa disponibile.

Resterebbe, comunque, aperto il problema della distribuzione dell’obiettivo fissato per ciascun livello di governo tra i vari enti. Il ciclo economico, inoltre, potrebbe non avere lo stesso effetto su tutti gli enti di un certo livello di governo.

I criteri di virtuosità andrebbero definiti, in quanto senza l’esatta declinazione degli stessi si rischia di lasciare disattesa la norma o addirittura potrebbero verificarsi fenomeni distorsivi, premiando enti virtuosi sotto alcuni aspetti ma negligenti verso altri (ad esempio, Palermo e Catania nel 2009).

Probabilmente sarebbe più opportuno lasciare il richiamo all’obiettivo di pareggio, ma gestire separatamente gli interventi di riequilibrio del ciclo economico, oppure, lasciando la norma vigente, considerare l’istituzione del fondo, magari semplificandone le modalità di utilizzo.

Un’altra soluzione potrebbe essere prevedere una norma che consenta l’intervento dello Stato per modificare degli obiettivi, in considerazione degli effetti del ciclo economico sulla finanza degli enti territoriali e al fine di rispettare i vincoli imposti dall’Unione europea.

Resta, comunque, da approfondire il problema relativo al ricorso all’indebitamento per finanziare gli investimenti.

Mi avvio alla conclusione prospettandovi, a questo punto, due possibili alternative.

La prima è quella di ritenere possibile la modifica della legge n.243 del 2012, come finora prospettato. In tal caso è opportuno posticipare all’anno 2017 l’attuazione della Legge n. 243 del 2012, in attesa delle revisioni che necessitano dell’assenso del governo, dopo gli approfondimenti necessari. Tale percorso deve cominciare immediatamente dai primi di gennaio. Se tale fosse la linea adottata, chiedo sin da ora ai presidenti delle Commissioni Bilancio di programmare questo percorso immediatamente dopo la sessione di bilancio.

Nel caso prevalesse, al contrario, una valutazione circa l’impossibilità o inopportunità di modificare la legge n. 243 del 2012, andrebbe attuata la legge nell’anno 2016, con interventi nella normativa secondaria volti alla soluzione dei punti di maggiore criticità (ad esempio sanzionare solo il mancato rispetto del saldo ritenuto più importante – entrate e spese finali in termini di competenza). In tal caso, potrebbe essere opportuno rimandare l’attuazione, in via interpretativa, della legge all’anno 2017 e prorogare per gli enti territoriali le regole vigenti del patto di stabilità interno.

Resta, comunque, da risolvere il problema delle regole di finanza pubblica per le regioni che già dal 2015 stanno sperimentando i saldi previsti dall’articolo 9 della legge n.243 del 2012, sebbene con importanti deroghe.

 

2015-10-01T13:33:33+02:00 1 Ottobre 2015|News|

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