VENEZIA «Se confermeremo la decisione di togliere la Tasi per tutti e l’Imu sui terreni agricoli e sui macchinari imbullonati, compenseremo i Comuni con un pari importo in termini di trasferimenti». All’indomani dell’annuncio del premier Matteo Renzi che ha galvanizzato la platea di Comunione e Liberazione a Rimini, tocca a Pier Paolo Baretta provare a rassicurare i sindaci veneti, in realtà pronti a scendere ancora una volta in trincea contro il fuoco (anche amico, per molti) del governo. Una posizione nota al sottosegretario all’Economia, a cui si aggiunge ora l’attualità dello studio di Anci Veneto sull’aggravamento dei tagli.
Perché sono state stravolte le regole per la quantificazione delle decurtazioni?
«Anci Veneto lo sa bene. La proposta iniziale del governo era di assegnare al criterio dei fabbisogni standard una quota del 44%. Invece l’abbassamento che ha causato tutte quelle sperequazioni è stato il risultato di una richiesta dell’Anci nazionale, che evidentemente era preoccupata di tutelare altre situazioni».
Cioè quelle dei Comuni più grandi e meno oculati: ma appunto per questo i virtuosi, tanti in Veneto, sono furiosi.
«Ne siamo consapevoli. Perciò stiamo studiando concretamente l’ipotesi di sperimentare in Veneto, e in altre due regioni allo scopo di valutare il confronto, un’attivazione molto più consistente dei fabbisogni standard. Al ministero sono tuttora in corso le verifiche sul rischio di eventuali scompensi, ma riteniamo che un test sul 50% sia fattibile».
Può spiegare ai veneti cosa cambierebbe in concreto?
«Ora funziona così: siccome vale il principio della serie storica, un taglio del tot per cento uguale per tutti avvantaggia gli enti che in passato sono stati più spendaccioni e penalizza quelli che invece si sono dimostrati più risparmiosi. Se invece diciamo che almeno metà delle riduzioni viene conteggiata sulla base del fabbisogno standard, intendiamo che calcoliamo quanti asili o vigili urbani o manutenzioni stradali servono e di conseguenza assegniamo le risorse necessarie in maniera obiettiva, il che evidentemente premia i Comuni virtuosi. Sia chiaro che comunque questo dev’essere solo l’inizio: il vero obiettivo è estendere questo metodo a tutte le amministrazioni e soprattutto superare il patto di stabilità».
Quando? Se ne parla da anni…
«È vero anche questo. Ma abbiamo già fatto un passo importante nel 2015 e se nel 2016 ne faremo un altro, penso che per il 2017 potremo arrivarci».
Nel frattempo però permarrà quello che molti definiscono “neo-centralismo”?
«Il problema vero è accentuare il federalismo, che però comporta responsabilità. E su questo ho l’impressione che i Comuni siano pronti, ma che la Regione lo sia molto meno. Mentre i sindaci fanno i conti tutti i giorni con la realtà e sono tendenzialmente virtuosi, mi sembra che il presidente Luca Zaia utilizzi la polemica col governo come strumento per non affrontare alcuni nodi».
Ma come rileva la deputata Simonetta Rubinato, non è che il problema stia anche nella schizofrenia da un lato di approvare gli strumenti legislativi e dall’altro di dover continuamente contenere la spesa pubblica?
«Più che di una patologia parlerei di oggettive contraddizioni. Finché non usciremo del tutto dalla crisi, dovremo tenerci addosso il problema di mantenere in ordine i conti pubblici come Paese e di rispettare le regole dell’Europa sull’equilibrio di bilancio. Per questo è oltremodo importante agganciare la ripresa».
A.Pe.
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