Francoforte, intervento di Baretta a forum sul sistema bancario italiano

CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA GERMANIA
NPL FORUM 2016 –
(1° giugno 2016 – Francoforte sul Meno)

IL SISTEMA BANCARIO ITALIANO ALLA PROVA DELLA CRISI

relazione dell’On. PIER PAOLO BARETTA,
Sottosegretario di Stato all’Economia e Finanze

(Testo in tedesco)
Signore e Signori, buongiorno.
Voglio, innanzi tutto, ringraziare gli organizzatori per il gradito invito.
E’ con questo tipo di iniziative che ci si conosce e la conoscenza reciproca è il presupposto per qualsiasi percorso virtuoso.
Nei tempi che viviamo è bene muoversi su coordinate globali, per mettere a confronto realtà ed esperienze ed il confronto, aperto e leale, è sicuramente la condizione per qualsiasi successo.
Conoscenza e dialogo, dunque, sono le chiavi per valorizzare le convergenze ed appianare le divergenze.

L’argomento di oggi verte sui “non performing loans”.
Anche in Italia essi stanno rappresentando un fattore di criticità tecnico-finanziaria, ma, anche e soprattutto, una fonte di malcontento sociale e di difficoltà economiche che stanno minando la fiducia di molti cittadini ed imprese, soprattutto piccole, verso il sistema creditizio.

– IL CONTESTO ECONOMICO ITALIANO E LA STRATEGIA DELLE RIFORME.
Credo opportuno inquadrare l’argomento all’interno della situazione economica italiana, alla quale accenno con un rapido quadro informativo.
Come sapete, il Governo presieduto da Matteo Renzi ha come obiettivo strategico le riforme; in tutti campi: istituzionale, economico e sociale.
Abbiamo trovato sulla nostra strada di Governo un intrigo di norme, regole ed appesantimenti burocratici e procedurali, ritardi, che vogliamo lasciarci alle spalle.
E ci stiamo riuscendo: la sfida che stiamo affrontando è trasformare i tanti ostacoli in opportunità di crescita. È ciò che ci serve di più!
L’Italia cresce: da due anni tutti gli indicatori portano il segno più.
Nonostante un debito pubblico particolarmente pesante, che comprensibilmente ci attira critiche (è il nostro male endemico, che si è lentamente attestato su un livello di poco inferiore al 133% del Pil, limitando il margine di bilancio per rispondere ad eventuali shock); l’indebitamento scende (dal 2,6 al 2,3%) e siamo ben dentro i vincoli europei del 3%; inoltre scende, lentamente, anche la pressione fiscale.
Il Pil cresce; lentamente, ma cresce.
Le fatiche della ripresa italiana sono state esaminate dal Fondo Monetario Internazionale, all’interno del suo rapporto sullo stato dell’Eurozona (frutto della missione annuale di monitoraggio prevista dall’Articolo IV dell’organizzazione multilaterale), con il quale si invita l’intera area Euro a creare maggiori stimoli e redigere riforme strutturali, per combattere un andamento debole nel medio periodo.
Scrivono di noi che l’Italia: “non sta bene, ma sta meglio”. La crescita italiana dei prossimi anni vedrà ancora un ritmo modesto, ma si loda lo sforzo sulle riforme del Governo e del Parlamento.
Ecco, dunque: la questione italiana, oggi, non è la crescita in sé, che c’è, ma la sua velocità, che è scarsa!
Nel Documento di Economia e Finanza che abbiamo inviato a Bruxelles poche settimane fa, e che il Parlamento italiano ha approvato, abbiamo ridotto la previsione di crescita portando da 1,6 a 1,2 il Pil per il 2016; ma lo scorso anno abbiamo chiuso allo 0,8; il trend, dunque, si conferma positivo.
Abbiamo fatto questa scelta per serietà ed io penso che proprio questo approccio rigoroso e verificabile, assieme alla politica di riforme che stiamo realizzando e che il FMI definisce “impressionante” e di cui ricordo solo le principali: abolizione del Senato; riforma elettorale; mercato del lavoro con il job act; sistema bancario – tornerò, ovviamente, sul punto -, ecc…); ma, non ultimo, assieme alla specifica azione umanitaria che l’Italia sta svolgendo, a sue spese, salvando ogni giorno migliaia di vittime del traffico internazionale di migranti, abbandonati dalla criminalità organizzata ad un tragico destino, siano le ragioni principali per le quali l’Europa ci ha concesso, pochi giorni fa, la flessibilità di bilancio, operando verso il nostro Paese un atto di giustificata fiducia.

E noi siamo pronti a dimostrare che essa è stata ben riposta ampliando e completando tutti gli sforzi verso le riforme, sfruttando il contesto favorevole offerto attualmente dai bassi tassi di interesse, allo scopo di irrobustire i germogli di ripresa economica che spuntano nell’economia italiana.
Italia che – mi sia permesso di ricordarlo – è il secondo paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania; il primo al mondo per patrimonio artistico; strategico per collocazione geografica e, dunque, logistica.
E, rassicuro i molti osservatori scettici: non abbiamo alcuna intenzione di “rilassarci”… Davanti a noi, infatti, permangono sfide impegnative, di cui abbiamo coscienza, quali: la insufficiente crescita della produttività, degli investimenti, del tasso di occupazione; gli eccessivi tempi della giustizia e le troppe sofferenze bancarie.
L’analisi sugli ostacoli strutturali ancora esistenti, che ci perviene da più parti, è, perciò, in molti casi da noi condivisa, ed è proprio per questo motivo che il Governo ha approntato quella “impressionante”, ma io aggiungerei, “ambiziosa” agenda di riforme, la cui attuazione è già definita su diversi fronti.
Ciò che non condividiamo di certe critiche è la volontà di non riconoscere che molta strada è stata fatta in poco tempo e che le nostre riforme strutturali stanno modernizzando il Paese, aumentando la competitività, favorendo tassi di crescita più elevati e quindi raggiungendo un recupero più rapido dell’occupazione.
Sembrano lontani i tempi economici e politici (ancorché non di calendario, visto che parliamo dell’autunno del 2011!), quando lo spread italiano raggiunse il record negativo di 600 punti di scarto dai titoli tedeschi.
Da allora stiamo segnando un cambio di fase. Fino all’ultimo decennio, la priorità italiana era il controllo del deficit e l’avanzo primario, oggi l’imperativo è il rilancio dell’occupazione e della crescita economica, continuando, al tempo stesso, sulla strada del risanamento.

– UN SISTEMA BANCARIO SOSTANZIALMENTE SOLIDO.
È in questo quadro, problematico ma fiducioso, che si pone la questione di gestire la crisi del credito, sia in ordine alla urgente necessità di ridurre la sofferenza delle banche, sia in ordine allo sviluppo della necessaria tutela dei risparmiatori.
È del tutto evidente, infatti, come in una economia in lenta, ma certa, ripresa, il ruolo e la funzione del credito sia decisiva.
Il Governo italiano sta affrontando questa situazione allo scopo di sciogliere i nodi impostativi che sono emersi e risolvere le situazioni concrete.
Nonostante la lunga recessione, il sistema bancario italiano è solido ed ha dimostrato una buona capacità di resilienza. Ha saputo, cioè, resistere ai contraccolpi e adattarsi ai cambiamenti.
A raffigurare lo stato di salute delle nostre banche ci aiuta lo scenario internazionale, che ci offre un quadro in cui i nostri istituti di credito sono rappresentati in una posizione di vantaggio rispetto a quelli degli altri Paesi dell’Eurozona che, per esempio, risultano molto più esposti di quelli italiani verso i paesi emergenti che stanno affrontando una difficile fase economica.
Il confronto con le banche degli altri paesi europei evidenzia, inoltre, come, queste, siano molto più esposte delle nostre sugli strumenti finanziari derivati, responsabili della crisi finanziaria esplosa tra il 2007 e il 2008.
Le nostre banche sono meno esposte anche verso il settore immobiliare, che pure ha innescato la crisi anche in alcune economie europee.
Il prolungamento della profonda crisi finanziaria ed economica, fino al 2014, ha certamente incrementato l’entità dei crediti deteriorati presenti nei bilanci bancari, ma le statistiche mettono in luce un tasso di copertura dei crediti deteriorati da parte delle banche italiane superiore a quello che si registra in altri Paesi.
Più nello specifico, la crisi finanziaria ha comportato, dapprima un innalzamento dei costi di approvvigionamento della raccolta e, poi, una forte riduzione degli spread sui tassi di interesse.
imageInfine, gli impegni di rafforzamento patrimoniale, oltre a drenare ulteriori risorse economiche, hanno comportato un effetto diluitivo sui già depressi ritorni economici sul capitale delle banche.
L’effetto è stato una drastica caduta del valore di titoli bancari nei mercati. Dall’inizio dell’anno le quotazioni bancarie dei primi nove istituti di credito italiani sono crollati del 48,6%. Ma, ahimè, siamo in buona compagnia se pensiamo che DB ha riportato un meno 57% e Commerzbank attorno al 50; Credit Suisse meno 50,4; Credit Agricol meno 35,6 e i 5 principali Istituti inglesi meno 32,9%… Il che ci propone la necessità di una riflessione critica sulle politiche comunitarie; riflessione che, però, non è oggetto di questo forum!
In estrema sintesi – limitandomi volutamente alle cause interne e tralasciando quelle più generali legate agli indirizzi comunitari di questi ultimi anni, sulle cui rigidità eccessive è intervenuto, proprio ieri, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella sua relazione annuale – le difficoltà operative degli istituti di credito italiani sono legate sostanzialmente a due motivi: a, in alcuni casi, cattive gestioni passate, che hanno permesso una concessione di crediti di dubbia futura esigibilità e alle condizioni finanziarie delle imprese e delle famiglie italiane, in non pochi casi, in crescente difficoltà.

– LE SOFFERENZE BANCARIE: TROPPE, ANCHE SE IN CALO.
La conseguenza di tutto ciò è che banche italiane detengono quindi ora un alto numero di sofferenze e incagli ed è per questo che si è cercato di trovare una soluzione condivisa alla situazione.
Dagli ultimi dati in nostro possesso, risulta che il quadro complessivo delle sofferenze degli istituti di credito è già in miglioramento. I dati della Nota di stabilità finanziaria e vigilanza della Banca d’Italia, relativi al 31 dicembre 2015, riportano che:
• il totale dei crediti deteriorati lordi, o non performing loans, è pari a 360 miliardi di euro: nel quarto trimestre 2015 i crediti deteriorati lordi sono diminuiti in valore assoluto per la prima volta dal 2008 e la loro quota sul totale dei finanziamenti si è stabilizzata;
• le sofferenze lorde, o gross debts, incluse nell’ammontare dei crediti deteriorati, sono pari a 210 miliardi di euro, mentre le sofferenze nette, ovvero al netto di svalutazioni e accantonamenti già operati nei bilanci bancari, ammontano a 87 miliardi di euro;
• a fronte degli 87 miliardi di sofferenze nette, ci sono garanzie e coperture che ammontano a 122 miliardi di euro.
Secondo quanto si rileva dai dati dei primi mesi del 2016, le sofferenze nette sono in ulteriore e progressiva diminuzione: a fine febbraio sono pari a 83,1 miliardi di euro, in diminuzione di oltre 500 milioni di euro rispetto a gennaio e in calo di quasi 4 miliardi di euro rispetto a dicembre2015.
Tra i fattori che favoriscono il calo delle sofferenze c’è sicuramente la ripresa economica registrata a partire dal 2015. Secondo l’outlook Abi-Cerved di maggio 2016, nel 2017 il totale delle sofferenze si avvicinerà ai livelli pre-crisi raggiungendo comunque il minimo dal 2009.

In questo quadro, riavviare i mercati dal disastro dei subprime è un’impresa molto difficile, ma non impossibile. Infatti, se la crescita si consolida e la fiducia dei risparmiatori, delle famiglie e degli investitori si diffonde, i mercati reagiranno con soluzioni innovative e troveranno sempre gli spazi giusti per far incontrare domanda ed offerta, anche in situazioni avverse.
Funzionale a questa strategia è che il problema dei crediti deteriorati e dei non performing loans venga risolto in fretta, poiché sta rappresentando non solo un problema di bilancio per le banche, con una forte inibizione a dare credito all’economia reale, ma anche un conseguente ingessamento per le imprese che vogliono investire.

– GLI INTERVENTI DEL GOVENO ITALIANO SUL SISTEMA BANCARIO.
Il Governo è, però, consapevole che queste difficoltà congiunturali, si associano, pur nel quadro di solidità sopra descritto, ad alcuni limiti storici del nostro sistema del credito, quali:
– l’eccessiva frammentazione dell’offerta, che ha portato da 24.000 del 1996 a circa 40.000 nel 2015 il numero degli sportelli; cioè 56 ogni centomila abitanti, contro una media europea di 45;
– l’insufficiente politica di aggregazioni che, pure, ha comportato la riduzione del numero di banche da 936 del 1996 a circa 700 nel 2015;
– la scarsa disponibilità di fonti finanziarie alternative al credito bancario;
– i tempi eccessivi di recupero dei crediti deteriorati.

Per queste ragioni il Governo ha introdotto, a partire dal 2015, radicali mutamenti nel settore bancario, con una strategia fondata su quattro assi:

il primo, il consolidamento del settore bancario,
attraverso:
– la riforma delle maggiori banche popolari, superando il voto capitario, trasformando le 10 più grandi in S.p.A;
– la riforma delle Fondazioni bancarie, prevedendo il loro ingresso nel capitale delle popolari;
– la riforma delle Banche di credito cooperativo, costituendo, attraverso la formazione di una holding, il terzo gruppo bancario del Paese, ma il primo per apporto di capitale italiano.
– Nell’evoluzione in atto del sistema bancario italiano rientra anche il recente Fondo di Investimento Alternativo (FIA), denominato “Fondo Atlante”, che ha ottenuto anche il plauso del FMI. Si tratta di un’iniziativa stimolata dal potere pubblico, ma totalmente effettuata è gestita dal settore privato, costituita da una società di gestione del risparmio indipendente che raccoglie capitali di istituzioni finanziarie (banche, assicurazioni e fondazioni che partecipano su base volontaria). Le finalità del Fondo sono:
• assicurare il successo degli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza a banche che oggi si trovano a fronteggiare oggettive difficoltà di mercato, agendo da back stop facility;
• contribuire a far decollare un mercato delle sofferenze bancarie: l’ammontare di sofferenze, che potranno essere deconsolidate dai bilanci bancari, sarà di gran lunga 160601_fsv_068superiore a quelle acquistate dal Fondo, in quanto Atlante concentrerà i propri investimenti sulle tranche junior di veicoli di cartolarizzazione, potendo far leva su quelle a maggior seniority per le quali c’è un manifesto interesse da parte degli investitori;
• offrire agli investitori rendimenti attraenti in un’ottica di medio-lungo periodo e benefici per il sistema bancario che si rifletteranno sull’economia del Paese in termini di stabilità e di prospettive di crescita.
In definitiva, banche più grandi, più forti e più trasparenti, sosterranno la ripresa e forniranno servizi migliori a famiglie e imprese e gestiranno con più efficienza i crediti deteriorati;

il secondo, il pacchetto “finanza per la crescita”
Si tratta di una serie di misure che il Governo ha messo in campo per “aprire” canali di finanziamento alternativi alle banche. Società di cartolarizzazione, fondi di credito e compagnie di assicurazione possono ora concedere credito alle imprese.
Voglio fare un particolare accenno ai fondi pensione negoziali e alle casse di previdenza. Il loro ruolo come finanziatori dell’economia reale, nell’ottica di diversificazione del credito, più volte sollecitata dal Ministro Padoan, è importante non solo per il significato che assume, ma per l’entità delle risorse disponibili. Fondi e casse detengono un patrimonio di quasi 200 miliardi di euro, dei quali solo una parte contenuta finanzia progetti di investimento. Il grosso degli impieghi è, cautelativamente, indirizzato verso il debito pubblico italiano e non solo;

il terzo, la gestione delle sofferenze:
la crisi dell’economia reale ha causato un deterioramento degli attivi creditizi ed un incremento del costo del rischio. La contrazione, purtroppo non irrilevante, data la crudezza della crisi, del numero delle PMI, che rappresentano di gran lunga il tessuto produttivo del Paese e, dunque, il principale interlocutore delle banche italiane o operanti in Italia, è coinciso con un aumento delle esposizioni deteriorate delle banche, proprio perché una parte delle imprese italiane o sono in stato di insolvenza o non riescono ad onorare i debiti a causa delle avverse difficoltà economiche e, di riflesso, questo colpisce le famiglie italiane, anch’esse in difficoltà a pagare mutui e prestiti bancari.
In questo quadro si inserisce e si integra uno strumento che il Tesoro mette a disposizione degli operatori per favorire lo smaltimento delle sofferenze bancarie: la Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS).
Si tratta di una garanzia che il Tesoro venderà agli operatori che ne faranno richiesta, nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano, come sottostanti, crediti in sofferenza.
Lo Stato garantirà soltanto le tranche più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese.
Non si potrà procedere al rimborso delle tranche più rischiose, se non saranno prima state integralmente rimborsate le tranche senior, garantite dallo Stato.
Le garanzie possono essere richieste dalle banche, che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro. Lo Stato rilascerà la garanzia solo se i titoli avranno preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all’Investment Grade, valutato da un’agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE.
La presenza della garanzia pubblica faciliterà il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze e non avrà impatti né sul debito pubblico né sul deficit.
La garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze si rafforza nel tempo, tenendo conto delle misure per la velocizzazione dei processi che sono state già introdotte nel 2015. E’ stato previsto un meccanismo di incentivazione per accelerare l’assorbimento da parte del mercato dei crediti in difficoltà.
Infine, in questi giorni è in corso di conversione al Senato, un decreto-legge nel quale si sono concentrate misure in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonchè uno snellimento delle procedure fallimentari ed una complessiva semplificazione, velocizzando i tempi e snellendo quelle per il recupero dei crediti.

Il quarto, la massima tutela possibile dei risparmiatori.
Il “combinato disposto” della introduzione di regole europee estremamente rigorose (quali il bail-in) e di gravi errori gestionali di alcuni istituti, accompagnati da una colpevole politica aziendale di allocazione nel mercato – soprattutto ai propri soci o correntisti – di prodotti deteriorati, ha comportato, alla fine del 2015, la risoluzione di quattro banche regionali. Migliaia di persone, più o meno consapevolmente, hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita, provocando conseguenze ancora da misurare sul tessuto produttivo e sociale dei territori interessati.
Si è scatenato un vero focolaio di conflitto sociale ed il Governo ha avvertito fortemente la necessità di consolidare uno stabile, quanto delicato, punto di equilibrio. Perché ciò che chiedono i nostri cittadini è essere garantiti/protetti nei confronti di quelli che, più a ragione che a torto, considerano i “poteri forti”; ed in questo momento storico più che mai si aspettano che il Governo individui e persegua i responsabili di situazioni che, per molti, stanno diventando insostenibili.
Non sfugge la complessità del tema e quanto sia controversa ogni decisione al riguardo. L’equilibrio tra protezione del cliente/consumatore/cittadino e la libertà di mercato e di negoziato tra soggetti privati (banca/cliente) è particolarmente delicato.
Sicché, dopo un periodo di riflessione, siamo arrivati alla conclusione che era opportuno operare iniziative a favore ed a tutela degli investitori, mirate al contingente recupero di somme a favore degli obbligazionisti subordinati delle quattro banche andate in risoluzione.
Si è pensato, all’inizio, di far rimborsare, al sistema bancario stesso, non, dunque, a carico della finanza pubblica, tramite un fondo costituito ad hoc, solo gli obbligazionisti secondari che fossero stati valutati vittime di un raggiro da parte della banca nella proposta di acquisto dei prodotti in questione. La determinazione della buona fede dell’investitore e, quindi, la sua condizione di vittima, viene stabilita da un arbitro individuato nel Procuratore Nazionale Anticorruzione.
Ma la vasta dimensione sociale del fenomeno ha indotto il Governo a compiere un passo ulteriore. Gli obbligazionisti avranno diritto ad un rimborso forfettario “automatico fino all’80%” della cifra investita – senza, cioè, bisogno dell’arbitrato presso l’Autorità nazionale anticorruzione – se abbiano un reddito non superiore a 35 mila euro, ai fini Irpef, o un patrimonio mobiliare (azioni, obbligazioni, risparmi) di valore inferiore a 100mila euro.
In tal modo abbiamo operato una distinzione tra risparmiatori correntisti, complessivamente protetti fino a 100.000 euro, risparmiatori obbligazionisti secondari, parzialmente protetti con le norme suddette e risparmiatori azionisti, non protetti da specifiche iniziative.
Non posso escludere che queste ultime decisioni, nonostante siano esplicitamente limitate alle figure degli obbligazionisti secondari e agli istituti citati, assumano la valenza di precedente nel caso di eventuali ulteriori rivendicazioni concernenti gli interessi di risparmiatori ed investitori nei confronti del sistema bancario e finanziario.
Del resto, pur nel rispetto massimo possibile delle regole di mercato, la mediazione sociale è, in questo frangente storico, il principale strumento per ritornare ad un clima di fiducia che riesca a fare da volano per gli investimenti.
Si tratta certamente di un mutamento di ottica che dovremo continuare ad esercitare in punto di mediazione con la Commissione europea e che impone anche agli investitori un mutamento di prospettiva ed al Governo una valutazione di opportunità per una futura gradualità applicativa.
Sull’insieme di queste ultime iniziative il Governo italiano ha raggiunto un accordo con la Commissione europea, nell’ambito di una serrata e capillare trattativa attuata per scongiurare le paventate configurazioni di “aiuti di Stato”, e, come ha detto il commissario all’Antitrust Vestager, con nostra grande soddisfazione, “….con le operazioni in atto, il Governo italiano non intende aggirare o evitare le regole europee per gli aiuti di Stato o il controllo sugli aiuti di Stato, ma cerca di trovare la strada migliore per far funzionare il sistema bancario”.

Da quanto ho cercato di dire risulta chiaro che la “questione banche”, nelle sue molteplici implicazioni: finanziarie, economiche e sociali, è al centro dell’attenzione del Governo e dell’opinione pubblica italiana. Molto si è fatto, ma molto resta ancora da fare.
Serve, però, a questo punto, una forte collaborazione tra la politica, la finanza e l’impresa. Solo così la crisi attuale del sistema bancario troverà uno sbocco e si trasformerà essa stessa in una opportunità per le famiglie e le imprese.

2016-06-03T09:24:56+02:00 3 Giugno 2016|In evidenza|

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