Baretta: “L’opposizione per ripartire a testa alta” (Nuova Venezia)

Sulla Nuova Venezia di oggi, il sottosegretario all’Economia e alle Finanze Pier Paolo Baretta propone un’analisi sull’esito delle elezioni e un ripensamento del ruolo del Partito Democratico, chiamato oggi a fare opposizione nel nuovo Parlamento.

Qualche mese fa il Censis, nel suo tradizionale “Rapporto sullo stato sociale del Paese”, ha descritto un’Italia insoddisfatta, affaticata e… rancorosa. Era un buon avviso per chi si apprestava alla campagna elettorale. C’è chi ha colto questo spaccato sociale e lo ha affrontato di petto (Lega e 5Stelle: i vincitori), magari esasperandolo e offrendo suggestioni. Talvolta pericolose, perché hanno soffiato sul fuoco, sulla rabbia, anziché governarla; ma se ne sono fatti, comunque, interpreti. C’è chi, come noi, ha dato risposte razionali ai singoli problemi, ma non ha placato il malessere, il disagio. Un disagio tale da muovere le emozioni.

Stiamo uscendo dalla crisi economica più pesante che abbiamo conosciuto e, nonostante il miglioramento quantitativo del Pil e dell’economia, facciamo i conti con la disgregazione del tessuto sociale, con il progressivo indebolimento delle relazioni e con il venire meno della fiducia, che ha reso fragile il meccanismo della rappresentanza. Grandi questioni quali la sicurezza e l’immigrazione; lo strapotere della finanza; la precarietà del lavoro; la condizione sociale dei pensionati; la squilibrata diffusione dei servizi sociali, sono state affrontate anche con politiche efficaci, i cui effetti, però, si vedranno progressivamente e non tutti subito.

Ma, ciò che collega questi temi – ovvero la solitudine, la disuguaglianza, la quotidianità del vivere, la sicurezza – evoca visioni e non solo soluzioni. Per questo non sono bastati cinque anni di governo, né aver investito risorse che hanno rilanciato l’export, la produzione industriale, il fatturato delle imprese, agevolato le famiglie. Hanno funzionato per risolvere contingenze (gli 80 euro, il taglio dell’Imu sulla prima casa, l’Ape sociale, il Reddito di inclusione, il bonus energetico…) e invertire la tendenza, ma non a dare un’idea di futuro. Insomma, il Governo può anche aver fatto delle cose giuste (in fin dei conti era il suo dovere!), ma non è questo il problema, bensì la sicurezza oggi, il futuro per domani.

Di fronte a ciò poco importa se le risposte elettorali sono economicamente impraticabili – questo lo sa anche l’elettore – quel che importa che che offrano un’idea, giusta o sbagliata, di dove portare il Paese; di dare risposte alle paure e alle necessità. Questo hanno fatto i vincitori: offerto suggestioni ma in sintonia coi sentimenti popolari. Noi abbiamo fatto un buon lavoro, ma siamo rimasti a metà del guado: abbiamo saputo dare risposte, ma non speranze!

L’Italia che esce dalle urne, come affermato da tanti osservatori e analisti, è un’Italia spaccata a metà: a queste due Italie, i vincitori devono ora risposte coerenti con le speranze e le attese create. In questo scenario, la sconfitta elettorale del Partito democratico deve rappresentare l’occasione per ricominciare. Da una nuova politica, da un nuovo gruppo dirigente. Da dove ripartire, allora? Dall’opposizione e, certamente da quel 20 per cento di italiani che, a testa alta, hanno sostenuto la coalizione di centrosinistra, ma che, sottovoce, ci chiedevano di essere coraggiosi e alternativi nei valori e nelle prospettive e da quelli altrettanto numerosi che ci hanno lasciato.

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2018-03-12T16:33:15+01:00 11 Marzo 2018|News, Notizie dal Veneto, Rassegna stampa|

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